Smaltire la plastica è sempre stato uno dei problemi dei paesi occidentali, per la grande mole di materiale da trattare e per la dispersione dei scarti nell’ambiente. Idee per un pianeta senza plastica arrivano anche dall’Italia
La plastica materiale da 200 milioni di tonnellate l’anno | La realtà nei paesi occidentalizzati e in quelli in via di sviluppo
La plastica è uno dei materiali più utilizzati dai paesi industrializzati. Lo confermano i dati: 200 milioni di tonnellate l’anno, che una volta terminato il loro ciclo di consumo vengono o bruciate sprigionando diossina oppure riciclate. Quest’ultima opzione, seppur più auspicabile della prima, è certamente più costosa. Forse i costi saranno calmierati quando l’economia del riciclo prenderà il sopravvento nella cultura occidentale, ma per ora l’atmosfera terrestre naviga in una modica quantità di plastica, per dirla con un’espressione priva di eufemismi. Nei paesi in via di sviluppo il discorso cambia, perchè laddove il consumo di beni materiali cala, cala anche la quantità di un certo tipo di rifiuti da smaltire. Quelli, ad esempio, derivati dalla plastica.
L’Ics, Centro Internazionale per la Scienza e l’alta Tecnologia di Trieste ha progettato la costruzione di un impianto pilota per la produzione di 8 mila tonnellate di plastica biodegradabile all’anno. Il costo stimato è di 4,5 milioni di dollari
I progetti pilota per lo smaltimento sostenibile dei rifiuti
L’Indonesia, dove il consumo di plastica aumenta ogni anno di più ma è ancora in proporzione più basso rispetto a quello dei paesi occidentalizzati, è un terreno fertile per la sperimentazione di una produzione massiva di plastica biodegradabile, in grado di dirottare le abitudini di consumo dei cittadini in modo efficace e automatico, senza le problematiche che derivano dai secoli di consumismo propri della cultura occidentale. Ad avere questa idea è stato l’Ics, Centro internazionale per la scienza e l’alta tecnologia di Trieste, che ha progettato la costruzione di un impianto pilota per la produzione di 8 mila tonnellate di plastica biodegradabile all’anno. Il costo stimato è di 4,5 milioni di dollari. Anche se la plastica biodegradabile non rappresenta una soluzione definitiva allo smaltimento completo dei polimeri della plastica, è comunque un primo passo in questa direzione. L’Ics non è nuovo a questo tipo di iniziative e collaborando con l’Onu per lo sviluppo industriale dei paesi emergenti promuove valide iniziative che mirino allo smaltimento intelligente dei rifiuti e alla creazione di modelli di economia sostenibile nei paesi in via di sviluppo, ma anche in realtà come la Cina.

In Europa, specie nel nord, dove la cultura del consumo sostenibile è più sedimentata, ci sono esempi validi di micro-realtà “plastic -free”. A febbraio ha aperto ad Amsterdam il primo reparto di prodotti senza plastica in un supermercato biologico della catena Ekoplaza
L’impegno dell’Italia nella creazione di tecnologie sostenibili e il supermercato di Ekoplaza
Tutto questo non può che confermare l’impegno dell’Italia, che si pone in prima linea tra i paesi europei nell’ideazione di nuovi sistemi di smaltimento dei rifiuti e nella progettazione di materiali eco-compatibili. Ma se la tecnica non manca grazie alle menti brillanti che lavorano in istituti come l’Ics, la pratica lascia ancora a desiderare. Nel caso specifico della plastica non bastano i termovalorizzatori che la bruciano – né la neo-produzione di plastica biodegradabile – che, dati i costi, è ancora lontana da un inserimento consolidato nel mercato. Nel resto del mondo la situazione non è migliore, ma in Europa, specie nel nord, dove la cultura del consumo sostenibile è più sedimentata, ci sono esempi validi di micro-realtà “plastic -free”. A febbraio ha aperto ad Amsterdam il primo reparto di prodotti senza plastica in un supermercato biologico della catena Ekoplaza. È un esperimento anche politico – afferma Erik Does, ceo di Ekoplaza – un modo per testare biomateriali compostabili da sostituire a quelli tradizionali realizzati in grossa percentuale proprio da materie plastiche ottenute con sostanze derivate da petrolio.
Sian Sutherland sottolinea il limite imposto dal mercato per la diffusione a macchia d’olio di prodotti e imballaggi senza plastica: il costo di norma maggiore. Sempre Sutherland afferma però che, a ben guardare, non esisterebbe questa rilevante disparità di prezzo
I prodotti con imballaggio plastic free sono più costosi? L’opinione del fondatore di “A Plastic Planet”
Tutti i prodotti del reparto “plastic-free” sono conservati e confezionati in imballaggi biodegradabili o in vetro, metallo e carta. Il progetto è partito con il gruppo ambientalista “A Plastic Planet”. Il fondatore Sian Sutherland sottolinea il limite imposto dal mercato per la diffusione a macchia d’olio di prodotti e imballaggi senza plastica: il costo di norma maggiore. Sempre Sutherland afferma però che, a ben guardare, non esisterebbe questa rilevante disparità di prezzo. Resta il fatto che l’idea di punti vendita plastic free sarebbero una grande idea da replicare anche qui da noi, dove un consumo etico e sostenibile è la scelta di fasce di utenti sempre più vaste. Con buona pace della cara e vecchia plastica.
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