Un uomo di chiesa che si trasferisce tra i baraccati di una periferia romana e giorno dopo giorno insegna l’arte della rivalsa. E’ il sogno lucido di un gruppo di adolescenti tra due mondi opposti che si sovvertono l’uno con l’altro
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Esserci o non esserci. Nella periferia malfamata è più complicato. Non puoi nasconderti in una stanza in un attico silenzioso. Il mondo là fuori è distante, la cultura che ti potrebbe tirar fuori dal buco è ancora più lontana. Stiamo parlando di una storia ambientata nei sobborghi della Roma anni ’60, dove un prete entra nelle baraccopoli e decide di educare gratuitamente i ragazzi analfabeti che vivono in quelle dimore di fortuna, insegnando loro che “La tua miseria non è solo tua, ma è la miseria di ognuno di noi”.
Nella pellicola di Blue Film il racconto di una periferia nella Roma degli anni ’60
La storia è raccolta in una pellicola di Blue Film, con la fotografia di Antonio Covato, scritto da Fabio Grimaldi e Manuela Tempesta. Il protagonista è Don Roberto Sardelli che negli anni ’60, gli anni dove in Italia si respira aria di novità e benessere, si trasferisce tra i baraccati dell’Acquedotto Felice, oggi luogo che conserva una malinconia mista a fascino tipico di certi luoghi abbandonati a sé stessi per troppo tempo.
Nelle baraccopoli Don Roberto Sardelli insegna ai ragazzi che un’opportunità è possibile grazie alla coscienza, più che alla conoscenza, che essere fragili o esclusi dal benessere che appartiene ad altri è una condizione umana in cui tutti sono coinvolti, partecipi consapevoli o inconsapevoli, vittime e carnefici. Dalla scoperta che ogni luogo, anche il più ostile, appartiene a tutti, e tutti ne sono responsabili, nasce la consapevolezza che ognuno ha un ruolo preciso di eguale valore in ogni luogo ove si trova a condurre la propria esistenza, per scelta o per necessità.

Nell’opera di Don Roberto si manifesta una rivoluzione che adesso può apparire scontata – quella di includere nella società anche i meno fortunati – ma che all’epoca non lo era affatto.
“La tua condizione è la condizione umana” – osserva Don Roberto – e trasmette ai suoi ragazzi, che poco a poco prendono atto, attraverso l’istruzione ma anche e soprattutto attraverso un atto di consapevolezza che pervade le loro coscienze – i loro istinti di sopravvivenza e le loro anime – che, quando ne esistono i presupposti, è necessario cambiare per far cambiare le proprie priorità.
Ciò che fa scalpore non è tanto ciò che appartiene all’uomo dalla notte dei tempi, ma il fatto che azioni come quelle di Don Roberto Sardelli appaiono così illuminate dopo secoli di rivoluzioni
Il documentario ritrae un repertorio di immagini in bianco e nero di estrema povertà e indigenza, un mondo che appare molto lontano eppure assomiglia a tante realtà che ancora oggi sussistono in diverse parti del mondo, nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli così detti occidentalizzati. Tra i quali figura anche l’Italia.
Dai sobborghi londinesi di fine ‘800 alle periferie del 21° secolo: per fare un viaggio nel tempo basta solo spostarsi
Fino a gran parte del 20esimo secolo in Italia, come del resto in molte altre parti del mondo, alcune pratiche non erano vietate dalla legge. Tante, molte abitudini potrebbero far inorridire una mamma borghese degli anni 2000. Il lavoro minorile e l’assenza di istruzione non erano reati gravi per la legge ma solo per la coscienza di alcuni cittadini, spesso molto lontani, in senso metaforico ma anche fisico, da queste realtà al limite.
Eppure sono passati più di cento anni da quando entrarono in vigore in Europa le leggi che vietavano il lavoro minorile in diversi paesi europei e che avrebbero dovuto garantire ai bambini e agli adolescenti la chance di un riscatto rispetto al cammino di miseria già percorso dalle generazioni precedenti. Non è bastato per contrastare, ancora oggi, la prevalenza di un diritto di ciascuno su un privilegio di pochi. Il diritto, seppur semplice ma complesso nella sua integrità morale, di avere un’opportunità. Così le leggi sono cambiate, ma le persone e i luoghi ove esse vivono molto di meno. Ciò che fa scalpore non è tanto ciò che appartiene all’uomo dalla notte dei tempi, ma il fatto che azioni come quelle di Don Roberto Sardelli appaiono così illuminate dopo secoli di rivoluzioni.

Il valore della conoscenza come riscatto al destino
L’opera umanitaria di Don Roberto Sardelli non è un’opera di assistenzialismo, né ne condivide i presupposti, rappresenta piuttosto un viaggio esistenziale che cambia idee e obiettivi, che insegna che essere felici non è un privilegio, ma un diritto. Così come lo è inseguire le proprie aspirazioni e inclinazioni.
Le giornate passate con i baraccati di Don Roberto riecheggiano nelle parole dei “sopravvissuti” a quella miseria, che nel documentario raccontano con straordinaria serenità di aver ricevuto un dono prezioso e insostituibile, quello di un’idea di libertà e rivalsa.
“Non Tacere” è il titolo del documentario prodotto nel 2007, quasi 50 anni dopo le baracche dell’acquedotto Felice. Vince il titolo di Miglior Documentario a Arcipelago International Film Festival e Visioni Fuori Raccordo ed è finalista nella cinquina miglior documentario dei David di Donatello. Non tacere è il monito che viene suggerito a chi si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma non è mai, l’uomo sbagliato.
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