From Purpose to Action. Come passare ai fatti quando si tratta di Brand Activism

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La linearità di intenti che passa dall’azienda all’utente non basta per mettere in pratica il Brand Activism. Anche chi guida gli investimenti deve essere informato sui fatti

La Brand Awareness si gioca sia tra le fila del reparto marketing che tra le decisioni prese nel settore Finance. Questa verità è ancora più risaputa quando si tratta di Brand Activism. La Brand Awareness di un’azienda rispecchia il Brand Purpose solo quando questo risulta lineare in tutti gli ambiti principali della catena aziendale.

Attraverso la visione di Brand Activism del cliente, passando per quella percepita dagli impiegati e poi dal Ceo dell’azienda, ogni elemento della catena “from Purpose To Action” diventa la chiave di volta della riuscita dell’esercizio Attivismo di Brand.

Esercizi di stile: da Philip Kotler al Digital Ecobrand Manager

Nel libro di Philip Kotler e Chistian Sarkar – “Brand Activism” – viene spiegato alle aziende quali sono le strategie da mettere in atto per qualcosa che all’inizio è solo un purpose, appunto. Per fare ciò è necessario che ogni comparto aziendale collabori nel modo giusto per passare dall’assunzione di responsabilità sociale al Brand Activism vero e proprio. La definizione di Brand Activism stessa risente a livello culturale, del resto, di una spiccata accezione di collaborazione collettiva e omogenea e coerente. Attraverso la visione di Brand Activism del cliente, passando per quella percepita dagli impiegati e poi dal Ceo dell’azienda, ogni elemento della catena “from Purpose To Action” diventa la chiave di volta della riuscita dell’esercizio Attivismo di Brand.

Dalle nuove figure come quella del Digital Ecobrand Manager, che aiuta le aziende a programmare una visione più olistica del rapporto tra economia lineare, consumistica – come spiega Luca Garosi nel suo libro “Green branding. Strumenti, consigli e strategie per una comunicazione ecosostenibile”e una più recente economia circolare, più attenta alle risorse e all’ambiente, al rapporto tra Marketing e Business, che in quest’ottica deve essere più affiatato che mai.

Brand Purpose e crisi di fiducia nell’etica del mercato

Tra i protagonisti del Brand Activism i Millenial e la Generazione x, i quarantenni di oggi che sanno cosa significa la parola Ecologia perchè l’anno già sperimentata nel boom eco-friendly degli anni ’80. Tuttavia anche le passate generazioni hanno visto cosa significa lottare per una diritto. Dopo la crisi di fiducia nelle aziende che ha accompagnato una scarsa sensibilità alle problematiche che affliggono da secoli il mondo, adesso, la nuova generazione di prosumer , che vede il consumatore come primo anello della catena Brand Activism, le aziende sono chiamate a rispondere prendendo posizione rispetto a tematiche come clima e diritti umani, rispetto alla loro Brand Purpose.

Come spiegano Lara Naqushbandi, Finance Director at Google UK&I e Nicolas Darveau Garneau, Chief Evangelist at Google la scissione tra reparto Marketing e Business nel caso specifico di un’analisi della ricerca delle caratteristiche e delle esigenze dei clienti, non giova neanche quando si tratta di Brand Activism,

Modulare l’offerta in base al lifetime value dei clienti più affezionati. Anche in questo caso la qualità vince sulla quantità.

Maggiore integrazione tra Marketing e Finance per aumentare il ciclo di vita di un prodotto etico

3 sono i luoghi comuni da sfatare per raggiungere una coesione tra reparto Marketing e Business, qualunque sia l’entità del Purpose da sviluppare.

1 – Meglio meno click, ma più buoni

I budget impiegati per l’analisi e la ricerca delle attività dei consumatori dovrebbero essere variabili tanto quanto l’andamento, piuttosto fluttuante, delle condizioni del mercato.

2 – Marketing e Finance insieme per una visione olistica della strategia d’offerta

Alcuni esempi di come la giusta strategia segue un’interazione maggiore tra il reparto Marketing e Finance potrebbero essere sia la segmentazione del prodotto in base al profitto e non solo alle entrate e la modulazione dell’offerta in base al lifetime value dei clienti più affezionati. Anche in questo caso la qualità vince sulla quantità.

3 – La Perfezione non è auspicabile

Finance e Marketing dovrebbero puntare su esperimenti a basso costo e con un alto tasso di modulabilità. Meglio aspettarsi un cambiamento, anche se inatteso, piuttosto che rinunciare alla possibilità reale di un’opportunità.

In conclusione, finance e marketing dovrebbero lavorare l’uno affianco all’altro per meglio comprendere i processi di cambiamento e per soddisfare le esigenze di un cliente con un lifetime value sempre più liquido.

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