Sulle Ande Daniel Zafra ha catturato l’espressione di un paesaggio inquieto che si rivela attraverso la sua immagine riflessa nelle acque, che diventa una seconda identità delle montagne innevate e del cielo stellato della Via Lattea
La foto di Daniel Zafra Huayhuash vince l’Astronomy Photographer of the Year: People’s Choice Awards 2022. Il secondo posto è andato a Miguel Claro per “A Giant in the Sun’s Limb”, che cattura un’espulsione di massa coronale (CME) avvenuta nel febbraio 2022. “The Dolphin Nebula Towards a Cosmic Reef” di Aleix Roig ha ottenuto il terzo posto, che mostra l’enorme bolla cosmica The Dolphin-Head Nebula.
La foto scattata sul lago Carhuacocha a più di 4.000 metri
Scattata al Lago Carhuacocha, situato a circa 4.150 metri sul livello del mare, Zafra ha affrontato un trekking fisicamente impegnativo attraverso le Ande peruviane per catturare la sua spettacolare immagine della Via Lattea. La session fotografica è avvenuta durante la stagione delle piogge e Zafra ha avuto opportunità limitate per la fotografia con solo pochi minuti al giorno di cielo sereno.

Poco tempo per avere la possibilità di fotografarla, l’emozione e l’intenzione nello scattare un’immagine in un luogo impervio, distante dall’uomo, miracolato dalle sue brame. La foto di Daniel Zafra rappresenta delle montagne innevate che si specchiano in un bacino di acqua. Realizzata in un formato rettangolare, a mostrare simmetricamente il paesaggio su terra e quello riflesso nelle acque, la fotografia mostra nel cielo delle Ande la Via Lattea, tra punti di luce espandenti e penombre.
La montagna innevata di Zafra, gelida, cupa nei suoi sotto toni caldi e semibuia per la poca luce solare, si concede alle acque che la fissano dal basso, creando la sua immagine doppia. Riflessa ma non rielaborata. Pura nella sua interezza.
L’identità doppia del soggetto di Zafra
Seppure la foto è stata sviluppata con strumenti di fotografia moderna, non è frutto di un algoritmo di AI. Non è una rielaborazione di altre immagini, pensieri, frasi – anche se lo è di certo nella mente dell’autore che l’ha scattata e di chi la guarda, perché parte del processo creativo, logico e cognitivo di percezione della realtà.
L’abbagliante bellezza dell’immagine scattata dal fotografo delle montagne e la sua versione alternativa nelle acque del bacino d’acqua che la circonda é il fotogramma di un attimo che non si può ripetere, capace di reinterpretare sé stesso senza perdere nulla della sua forma originaria. Eppure l’immagine rappresenta un paesaggio che si riflette su uno specchio d’acqua. Nella sua splendente bellezza, così rara perché così difficile da raggiungere e da possedere, la montagna innevata di Zafra, gelida, cupa nei suoi toni caldi e freddi e semibuia per la poca luce solare, si concede alle acque che la fissano dal basso, creando la sua immagine doppia. Riflessa ma non rielaborata. Pura nella sua interezza.

La solitudine del paesaggio che si rivela all’occhio della fotocamera
Daniel Zafra gioca con lo spettacolo della terra e degli specchi d’acqua con assoluta perfezione tattica. La foto non è solamente bella, ma racconta molto. Di quel gelo, di quella solitudine, di quella bellezza con spettatori che non possiamo vedere, che si perde nella vastità dell’ambiente che la circonda senza mancare di ritornare intatta al posto che le spetta. L’immagine della montagna non è tuttavia fissata, tant’è che la vediamo specchiarsi in un altro luogo, creando un’identità doppia del soggetto principale della foto. Senza nulla togliere ad esso, anzi aggiungendone un’ulteriore interpretazione. Allo spettatore umano lascia il tempo di rimanere inebriato dalla sua pervasiva bellezza senza perderne l’origine, che forse ritroviamo nello specchio d’acqua che la ritrae senza fingere e senza risparmiarci nulla.
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